martedì 8 maggio 2012

Settima recensione per L’amante delle tenebre di Susan Squires , primo volume della serie The Companion. Inizio subito dicendo che non mi è piaciuto molto. Soprattutto l’inizio risultava pensante e noioso. Racconta la storia di Ian Ruffold ,un uomo inglese che nel viaggio verso l’Africa,viene attaccato dai pirati,.fatto prigioniero e venduto come schiavo a Ashanti ,una donna misteriosa che lo renderà suo schiavo sessuale,Solo dopo due anni di prigionia Ian riuscirà a scappare con un segreto e una terribile maledizione. Ashanti è un vampiro ed è riuscita a trovare la città di Kivali dove risiede l’Antico,colui che attende. E Ian è diventato un vampiro. Viene soccorso nel deserto e nel far ritorno a casa conosce sulla nave Beltrane incontra Elisabeth Rochewell. Ian è un uomo distrutto psicologicamente a causa della sua maledizione e ha cercato più volte il suicidio senza riuscirci Beth ha perso il padre e non ha più nulla. E’ ina specie di archeologa in cerca della città di Kivali. Tra i due nasce un legame particolare che verrà spezzato una volta giunti in Inghilterra. Lei pur sapendo cos’è Ian lo accetterà,ma si separeranno. Ian incontra un altro vampiro,la contessa Beatrix Lisse che gli spiegherà cosa è e come affrontare la propria vita. Ma soprattutto lo convincerà ad uccidere Ashanti per tornare ad essere libero. Ian capisce che per ritrovare Kivali ha bisogno di Beth e le chiede di sposarlo. Lei accetta,disposta a seguirlo fino in capo al mondo(per un amore fin qui non corrisposto). In Africa si compie il loro destino. Non si può negare che la trama sia particolare. Buone le ambientazioni ottocentesche,ottima caratterizzazione dei personaggi. Ian,un uomo annientato nel corpo e nello spirito. Beth ,una specie di outsider del suo tempo,perché è una donna istruita,veste in modo strano ,i suoi occhi non sono azzurri e la sua pelle non è bianca. Uno dei motivi per cui non ho amato questo romanzo è perché non è incentrato su una storia d’amore,ma sul senso di rivalsa di un uomo annientato da una donna. E Beth è così compassionevole da dare una parvenza di sentimento in qualche pagina. C’è troppo Ian e poco amore,troppa introspezione di lui ,da spegnere completamente ogni altra figura. E’ troppo lungo e troppo pieno di un’unica voce per dare spazio ad altro. Con questo non voglio dire che la Squires non sappia scrivere. Il suo modo però risulta a tratti poco coinvolgente e spesso ripetitivo. Non mi sono piaciuti nemmeno i continui flashback con cui il protagonista ricorda gli anni di prigionia e cosa è stato costretto a fare. Non c’è sensualità nemmeno nella prima notte di nozze fra Ian e Beth Due misere stelline.

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